lunedì 25 gennaio 2021

Barack Obama / Una terra promessa / Memoria atlantica

 


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Memoria atlantica

L’Unione europea e i suoi leader visti da Barack Obama

Nel suo libro Una terra promessa (Garzanti), l’ex presidente degli Stati Uniti racconta i retroscena del suo primo mandato e il rapporto con i capi di Stato e di governo europei: lo «studiatamente informale» David Cameron l’affidabile Angela Merkel, le esagerazioni retoriche di Nicolas Sarkozy. Ma neanche una parola su Silvio Berlusconi


Di Futura D'Aprile
30 Novembre 2020

Lapresse

In questi giorni sono usciti molti estratti di Una terra promessa (Garzanti), il libro di memorie di Barack Obama: l’infanzia, l’arrivo alla Casa Bianca, gli anni del primo mandato. Poco pero si è detto di come esca fuori l’Unione europea e i suoi leader di allora, nelle memorie dell’ex presidente degli Stati Uniti. Il primo partner europeo che Obama descrive è l’allora premier britannico Gordon Brown. Il leader laburista è presentato come un uomo ponderato e responsabile, privo però delle brillanti doti politiche del suo predecessore Tony Blair. Tra l’altro, ricorda Obama, il suo mandato sarebbe durato ben poco: Brown infatti fu ben presto sostituito da David Cameron, politico «giovanile e studiatamente informale (…) e alleato disponibile su tutta una serie di questioni internazionali».

Ma i leader su cui Obama si dilunga maggiormente e che hanno rappresentato per lui dei punti di riferimento nella gestione dei rapporti con l’Ue sono la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy. Una scelta ovviamente non casuale: per il presidente americano la capacità dell’Unione di agire come entità singola dipendeva fondamentalmente dalla disponibilità alla collaborazione dei leader di Francia e Germania. L’asse franco-tedesco, quindi, era per Obama il vero motore dell’Europa. Merkel e Sarkozy per l’allora presidente Usa, però, non presentano lo stesso grado di affidabilità. Il confronto portato avanti a più riprese da Obama tra i due leader premia la cancelliera tedesca, mentre non mancano gli affondi contro il presidente francese tanto in ambito europeo quanto internazionale. Merkel, in diversi punti del libro, è descritta come una politica affidabile, dotata di capacità organizzative, acume strategico e incrollabile pazienza, il cui «aspetto imperturbabile rifletteva la sua sensibilità analitica e concreta». Obama però è critico nei confronti delle posizioni conservatrici della cancelliera e delle politiche di austerity da lei sostenute in risposta alla crisi economica del 2008.

Se il ritratto che Obama fa di Angela Merkel è decisamente positivo, lo stesso non si può dire per quello di Nicolas Sarkozy. Il presidente francese «era tutto esternazioni emotive ed esagerazioni retoriche» anche se la sua mancanza di coerenza ideologica, prosegue Obama, «era compensata dal suo coraggio, dal suo fascino e dalla sua energia maniacale». Ma ecco arrivare una nuova stoccata contro il presidente francese, descritto con «le mani sempre in movimento, il petto in fuori come un gallo da combattimento, il traduttore personale sempre di fianco» e desideroso di trovarsi sempre al centro dell’azione per potersi prendere il merito «di qualsiasi cosa valesse la pena intestarsi». Sarkzoy inoltre si era rivelato poco utile anche nel controbilanciare la posizione conservatrice di Merkel e non era in grado, secondo Obama, non solo di allestire un piano chiaro per tutta l’Europa, ma nemmeno per la sola Francia. Il rapporto con il presidente francese subì inoltre un peggioramento a seguito dell’intervento in Libia, promosso da Francia e Regno Unito, ma che secondo Obama arrivò ad un punto di svolta solo grazie al coinvolgimento americano, accolto come un sollievo dai leader francese e britannico. «Ero irritato che Sarkozy e Cameron mi avessero messo alle strette, in parte per risolvere i loro problemi politici interni (…) Sapevo anche che, a meno che non ne assumessimo noi la guida, il piano europeo non sarebbe andato da nessuna parte».


Barack Obama


L’Unione europea tra Obama e Trump
Oltre a descrivere i maggiori leader europei, il presidente degli Stati Uniti si sofferma anche sul progetto dell’Unione e sull’importanza della cooperazione a livello internazionale. Per Obama, l’Ue «aveva avuto un successo tutto sommato considerevole: rinunciando sotto alcuni aspetti alla loro sovranità nazionale, gli Stati membri avevano goduto di una pace e di un benessere condiviso come mai nessun altro popolo nella storia».

Ma la crisi economica aveva inasprito le differenze tra gli Stati membri, permettendo la rinascita dei nazionalismi, il rafforzamento dei partiti di estrema destra e facendo crescere lo scetticismo verso i processi di integrazione, soprattutto nell’Est. Le politiche punitive in risposta alla crisi sostenute soprattutto dalla Germania avevano aumentato la distanza tra i diversi Stati membri e dimostrato quanto fosse ancora difficile per l’Ue pensarsi come un soggetto unico e coeso. 

«Obama era critico verso alcuni atteggiamenti e alcuni leader dell’Ue, ma non era ostile al processo di integrazione né all’alleanza con gli europei in ambito atlantico», spiega a Linkiesta Gianpiero Gramaglia, esperto di relazioni transatlantiche dell’Istituto affari internazionali. «Donald Trump invece si è dimostrato ostile verso l’Unione – così come verso tutti gli organismi multilaterali e multinazionali». 

Il presidente uscente, continua Gramaglia, ha sempre privilegiato il dialogo bilaterale rispetto a quello con le istituzioni europee. Un atteggiamento che ha applicato anche nei confronti della Nato, mettendo in discussione persino il principio di mutua difesa, elemento fondante dell’Alleanza atlantica. «Questi atteggiamenti non c’erano sotto la presidenza Obama e non ci saranno con l’amministrazione di Joe Biden. Certo, l’Ue non era centrale nelle preoccupazioni di Obama, che guardava più a Cina e Russia, ma i modi e i toni delle relazioni tra Usa e Ue erano molto più distesi e amichevoli di quelli che si sono avuti con Trump».  

Le tensioni però non sono mancate nemmeno negli anni precedenti l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca, spiega però Gianluca Pastori, professore di Storia delle relazioni politiche fra il Nord America e l’Europa dell’Unicatt. «Fra l’altro, molte delle questioni che Trump ha enfatizzato, spesso in modo del tutto irrituale, erano già state sollevate proprio dall’amministrazione Obama. Il problema di fondo è che – già in questi anni – lo scollamento degli interessi fra Europa e Stati Uniti emerso dopo la fine della Guerra fredda si era fatto evidente». 

Nemmeno gli anni dell’amministrazione Obama, quindi, sono stati un periodo di vera convergenza. Anzi, continua Pastori, forse proprio a causa delle attese sollevate dalla sua elezione dopo gli otto anni difficili del mandato di George W. Bush, il bilancio finale è apparso a diversi osservatori più deludente di quanto non si stato effettivamente.


LINKIESTA


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