mercoledì 13 luglio 2016

Les Murray / Un arcobaleno perfettamente normale


Les Murray

UN ARCOBALENO 
PERFETTAMENTE NORMALE
La voce circola da Repins,
se ne sussurra da Lorenzinis,
al Tattersalls alzano gli occhi da paginate di numeri,
i lavagnisti della Borsa dimenticano il gesso che hanno in mano
e c’è chi lascia il Club Greco con le tasche piene di pane:
un tizio sta piangendo a Martin Place. Non cè verso di farlo smettere.
In George Street il traffico è bloccato per un chilometro o quasi,
paralizzato. La folla discute nervosa e altra ne sta arrivando.
Tanti accorrono per strade secondarie additando:
c’è un tizio laggiù che piange. Non si riesce a farlo smettere.
L’uomo che circondiamo, l’uomo a cui nessuno si avvicina
piange soltanto, senza nasconderlo, piange
non come un bimbo, o come il vento, ma come un uomo,
e non è un esibizionista, né si batte il petto, e nemmeno
singhiozza sonoramente, eppure la dignità di quel pianto
ci tiene indietro dal vuoto che nella luce meridiana
fa intorno a sé, nel suo pentagramma di dolore,
e tra la folla le divise che hanno provato ad arrestarlo
stanno a guardarlo e si sentono dentro, stupite,
una voglia di lacrime come d’arcobaleno i bambini.
Negli anni a venire diranno alcuni che un alone
o una forza lo avvolgeva. Non è vero.
Alcuni diranno che erano scandalizzati
e l’avrebbero fatto smettere
ma saranno quelli che non c’erano.
Tra noi la virilità più fiera, il più coriaceo riserbo, l’arguzia più pronta
trema in silenzio e arde d’inattese illuminazioni di pace.
Nella ressa strillano certi che si credevano felici.
Solo i pargoli e quelli che guardano dal Paradiso
gli vengono vicino
e siedono ai suoi piedi, tra cani e piccioni polverosi.
Ridicolo! fa uno vicino a me, e si tappa
la bocca con le mani, come se stesse vomitando.
E vedo una donna, splendente, stendere la mano
e tremare nel ricevere il dono del pianto;
lo ricevono anche quanti la seguono
e molti piangono solo per averlo accettato, e i più
si rifiutano di piangere per paura di accettare qualcosa,
ma l’uomo che piange, come la terra, non ha bisogno di nulla,
l’uomo che piange ci ignora e
dal viso stravolto, dal suo corpo ordinario grida
non parole, ma pena, non messaggi, ma dolore,
duro come la terra, puro, presente come il mare,
e quando smette, s’avvia in mezzo a noi semplicemente,
asciugandosi il viso con la dignità d’uno che ha pianto,
e ora ha finito di piangere.
Eludendo i credenti, si affretta giù per Pitt Street.
Da “Un arcobaleno perfettamente normale” (Adelphi)




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