Gabriel García Márquez |
Ritagli, lettere e i romanzi riscritti
L’archivio di Gabo, tesoro di tutti
Al Ransom Center di Austin le dieci versioni dell’inedito «En agosto non vemos», la corrispondenza con Rushdie e i contatti con Jimmy Carter. Ora tutto consultabile
di EMANUELE BUZZI
22 ottobre 2015
(modifica il 5 novembre 2015 | 18:04)
«Quando mi hanno conferito il premio Nobel, più di vent’anni fa, ho ricevuto fiumi di offerte per altri premi importanti, così come onorificenze ufficiali e dottorati Honoris Causa , che erano superiori ai miei meriti e al mio tempo libero. Sopraffatto da tante lodi e davanti all’impossibilità materiale di dire a tutti sì, ho preso la decisione disperata di dire a tutti no, per essere sicuro di non snobbare nessuno». Gabriel García Márquez spiega così a Salman Rushdie la sua ritrosia nel ricevere riconoscimenti pubblici. L’occasione è il mancato incontro, il primo di persona, tra i due scrittori al ricevimento per il premio Pen a García Márquez a New York. L’anno è il 2003 e il romanziere colombiano — in una lettera privata, in spagnolo — conclude con «la promessa formale che troveremo insieme e molto presto l’occasione di vederci e conversare senza tregua». Si tratta di una delle oltre duemila missive presenti nell’archivio dell’autore sudamericano che ieri ha celebrato l’apertura al pubblico.
A ospitare documenti, foto e altri memorabilia — esposti solo in parte da novembre — è l’Harry Ransom Center dell’Università di Austin, in Texas, che un anno fa, pochi mesi dopo la morte di García Márquez, ha acquistato l’archivio dello scrittore per 2,2 milioni di dollari. Un’arca di Noè della letteratura, il centro, che colleziona materiali di molti tra i più grandi autori degli ultimi due secoli. Edgar Allan Poe, T.S. Eliot, Norman Mailer, Don De Lillo, David Foster Wallace e tanti altri. E un posto speciale, da ieri, lo ha García Márquez.
«Gli studiosi avranno accesso alle bozze manoscritte delle opere pubblicate e inedite, alla corrispondenza, a 43 album fotografici, 22 quaderni, materiale di ricerca, blocchi di appunti, ritagli, sceneggiature, oggetti — spiega Daniela Lozano, l’archivista che ha curato la catalogazione —. C’è anche materiale digitale come i file estratti dai dischi rigidi dei computer, che saranno classificati e resi disponibili in futuro». Scorrendo veloce l’indice delle missive catalogate, ci si sente soverchiati dalla storia e dalla letteratura. Rushdie, ma anche Günter Grass, Carlos Fuentes, Julio Cortázar. O leader mondiali come Bill Clinton, Fidel Castro, François Mitterrand, Indira Gandhi, Henry Kissinger. Testimonianze di impegno civile, anche. È il primo ottobre 1977 quando García Márquez scrive al presidente degli Stati Uniti, Jimmy Carter. «Con nessun altro titolo che quello di uno scrittore latinoamericano, vi imploro di considerare, dal profondo del vostro cuore cristiano, la situazione critica del patriota portoricano Andrés Figueroa Cordero, che sta scontando una pena di 23 anni di reclusione negli Usa, e che ora sta affrontando la morte, a causa di una malattia incurabile». Figueroa Cordero viene rilasciato poco dopo.
Parole nette, decise. Pagine ben diverse da quelle tortuose dei suoi manoscritti. «García Márquez creava meticolosamente le sue opere — racconta Megan Barnard, direttore associato per le acquisizioni e l’amministrazione dell’Harry Ransom Center —. Il materiale relativo a Memoria delle mie puttane tristi offre un chiaro esempio di come rivedesse e riscrivesse bozza dopo bozza il suo lavoro. Per questa sola opera ci sono più di dieci differenti stesure a macchina, tutte con i suoi cambiamenti e le note a mano». Così pure è per En agosto nos vemos (uno dei due inediti che fanno parte dell’archivio, l’altro riguarda le prime bozze relative al secondo volume delle sue memorie): per quest’ultimo romanzo, di cui sono stati pubblicati solo pochi estratti — dice Lozano — «ci sono dieci versioni, inclusa una finale, spedita alla sua agente Carmen Balcells (scomparsa un mese fa,ndr), e alcuni frammenti». I quattro quaderni con le sue critiche a Cent’anni di solitudine, quelli che si racconta siano stati bruciati dopo la pubblicazione dell’opera, rimangono avvolti ancora in un’aura quasi mitologica. Esiste, nell’archivio, una copia del suo capolavoro con qualche piccola annotazione. Dell’Italia, poche tracce: «Principalmente ritagli e qualche lettera», sostiene Lozano. «Mi sono imbattuta in un paio di lettere di Monica Vitti e in un invito del Pci», aggiunge. Ma poi, l’elenco si allunga. Ancora politica — Enrico Berlinguer, Gianni De Michelis — e l’impegno del cinema, con Ettore Scola e Gillo Pontecorvo.
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